LAVORO, IL MANAGER DELL’AGENZIA REGIONALE: “CI FACCIAMO CARICO DEI DISOCCUPATI SARDI”

Massimo Temussi direttore dell’Aspal parla delle politiche attive per il lavoro secondo il progetto varato dalla Regione e affidato alla struttura

CAGLIARI. Venticinque ragazzi girano per la Sardegna e raccontano agli imprenditori cos’è l’Aspal, l’Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro nata nel maggio 2016, devono tornare in sede con un’informazione precisa su ciascuna impresa: quali figure professionali servirebbero il giorno in cui queste dovessero assumere. È l’esordio dello Sportello imprese, «non le abbiamo ascoltate per anni, ora si cambia»: lo racconta Massimo Temussi, 46 anni, sassarese, rinominato direttore per mandare avanti un progetto di politiche attive che dovrebbe voltare pagina sul tema del lavoro: «L’Agenzia deve fare la vera presa in carico dei disoccupati sardi».

E da dove comincia?

«Bisogna conoscere ogni disoccupato e personalizzare il suo percorso verso il lavoro. Ai giovani bisogna dare il segnale che sono loro che si devono attivare. Con i nuovi servizi dell’Agenzia glielo spiegheremo. Uno strumento sarà il coaching, esiste nei servizi per il lavoro di tutto il mondo».

Quindi i posti di lavoro veri sono ancora lontani.

«Nel febbraio 2016, in occasione del job day, sono stati trovati 1.780 posti di lavoro, ma il vero risultato è stato che in tanti, per la prima volta, hanno fatto addirittura due colloqui di lavoro in un giorno. È lì che abbiamo cominciato a intercettare i nostri veri clienti: i ragazzi che hanno scarse capacità informatiche, su un campione di 20 giovani nessuno aveva un videocurriculum e solo uno sapeva cosa fosse».

Ma l’Aspal oggi è solo un carrozzone con 800 dipendenti.

«Il vincolo assessoriale è di formare i dipendenti, che provengono da 4 o 5 realtà diverse ma alla fine dovranno parlare tutti la stessa lingua. L’Agenzia del lavoro in origine aveva 80 dipendenti, siamo diventati 800 per un progetto passato al vaglio attento della Regione, giunta e consiglio».

L’esito del referendum può incidere sulla riorganizzazione delle politiche del lavoro?

«Il panorama nazionale è incerto, ma non so se, col No, dopo aver creato l’Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro)si possa pensare di tornare a una gestione di livello provinciale. In Sardegna il problema non si pone perché siamo regione autonoma. Siamo la prima regione ad aver unificato le politiche del lavoro. L’unificazione va difesa: 110 province hanno condotto politiche polverizzate. Anche in Sardegna: otto province fornivano otto dati diversi sullo stesso argomento. Il mercato del lavoro è comunitario, non sardo. Il 90 per cento dei fondi per le politiche del lavoro vengono dall’Ue e uno dei programmi più importanti, Erasmus Plus, è per la mobilità dei giovani in Europa».

È opinione generale che i giovani dovrebbero poter restare. O poter tornare.

«In Sardegna la disoccupazione giovanile è al 46 per cento, bisogna favorire la propensione all’autoimpiego, diventare imprenditori: le condizioni ci sono. Nell’Information Technology siamo ai primi posti in Italia per le start up innovative che qui hanno tutto per lavorare benissimo. La Regione punta su agroindustria, green economy e turismo: noi dobbiamo organizzare i servizi del lavoro in una logica mondiale. La nostra parte è migliorare la qualità delle figure professionali: il turismo in Sardegna tira molto ma solo un addetto su 35 è laureato».

Cosa vuol dire riorganizzare i servizi del lavoro secondo una logica mondiale?

«Nel 2007 paesi quali Germania e Spagna hanno raddoppiato i centri per l’impiego: lì hanno un operatore ogni 90 disoccupati, in Sardegna ce n’è uno ogni 279. Serve avere una struttura adeguata perché la disoccupazione va gestita nella flexsecurity: il lavoro deve essere flessibile ma a condizione che, quando un lavoratore lo perde, ci sia una struttura che lo intercetta e lo porta in luoghi fisici dove si fa un analisi del suo curriculum e lo si amplia con la formazione adeguata. Il nostro obbiettivo nei prossimi due anni e mezzo è attivare i nuovi servizi e avviare centri per l’impiego secondo un modello polifunzionale collaudato in tutto il mondo».

Con quali soldi?

«La nostra crescita è affidata ai fondi europei».

L’efficacia di un’Agenzia per il lavoro si misura in posti di lavoro: finora è stata un fallimento.

«No. Le politiche sono state pensate, ma l’Agenzia non aveva la leva per farle realizzare. Qui ci sono belle teste, il progetto è condiviso con professionalità che hanno ottime capacità di progettazione».

Formazione e progettazione, nel pubblico, spesso sono sinonimi di consulentificio.

«Negli ultimi due anni abbiamo avuto un unico consulente, si chiama Romano Benini, è costato 40mila euro comprese le spese di viaggio, ci ha lasciato un bel know how».

Lei è stato direttore generale dell’assessorato alla Sanità e al Lavoro col centrodestra ed è stato riconfermato all’Aspal dal centrosinistra: possiamo parlare di trasversalità?

«Sono un manager, non voglio stare da nessuna parte per più di 5 anni. Non ho mai avuto tessere politiche perché credo che il manager non sia di destra o di sinistra, al manager si danno obbiettivi, se non li raggiunge se ne va a casa»

Alessandra Sallemi

Fonte La Nuova Sardegna 30 Dicembre 2016

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